26 marzo

OffiCinema: 
america & musica
Omaggio a  Violeta Parra



Il secondo appuntamento di OffiCinema con il ciclo "america&musica" è dedicato a Violeta Parra, cantautrice, poetessa e pittrice cilena che sta nel cuore della cultura latinoamericana con almeno una canzone, la celebre "Gracias a la vida, Que me ha dado tanto". A lei è stato dedicato un film biografico di grande successo.





Violeta Parra è stata una donna generosa, geniale ed inquieta. Di carattere soggetto ad allegrie irresistibili e a terribili depressioni improvvise, ha sempre avuto chiaro quale fosse il compito che si era prefisso. Del folklore diceva: "Non lo intendo come una sopravvivenza archeologica isolata che si sviluppa come cultura dominata nei confronti di una cultura dominante, ma come un fenomeno culturale vivo che corrisponde a determinate forme sociali e che si trasforma o si annulla in funzione di tale corrispondenza".
"Gracias a la vida" è la canzone per la quale diviene nota in tutto il mondo. Tradotta in molte lingue è senza dubbio uno delle più celebri canzoni latino americane. Ne esiste anche una versione italiana, cantata da Gabriella Ferri, che è unita a Violeta Parra anche per il tragico destino finale della propria vita, e cioè la scelta del suicidio.
La biografia di Violeta Parra è costellata da molti eventi da ricordare e da un finale appunto oscuro. Nasce il 4 Ottobre 1917 a San Carlos, nel sud-est del Cile. Fin da bambina si avvia alla composizione, tuttavia senza accostarsi a scuole o conservatori. Senza dubbio importante è stata in questa prima fase l’influenza del padre, maestro di musica. Non rinnegherà mai le proprie umili tradizioni musicali, anzi diventerà un vessillo della ricerca e del mantenimento della cultura musicale e popolare cilena. Per sopravvivere svolge i lavori più disparati, tra cui cucinare frittelle, lavorare in un circo. Nel frattempo da anche lezioni di cueca, il ballo nazionale cileno. Contemporaneamente si dedica anche ad altre attività artistiche, come la ceramica e la tappezzeria. I suoi quadri su iuta sono stati esposti tra l'altro anche al museo del Louvre.
Dal matrimonio col ferroviere Luis Cerneda verranno al mondo Isabel e Angel, che contribuiranno negli anni a sviluppare il lavoro già iniziato e tracciato dalla madre in ambito musicale. A partire dal 1954 inizierà a viaggiare anche molto per il mondo, soprattutto nei paesi dell’Est Europa, dopo essersi avvicinata al partito comunista cileno. Tragica è la sua morte: il 5 febbraio 1967 decide di porre fine ai suoi giorni dentro ad un teatro. Si sono spese molte interpretazioni per spiegare il gesto: c’è chi sostiene che Violeta soffrisse per motivi di lavoro, c’è chi dice che non si sentiva pronta a lottare nel nuovo clima di fervore rivoluzionario che precedeva il ’68, c’è chi sostiene che fosse l’amore tormentato per l’antropologo svizzero Gilbert Favre a provocarle angustia di vivere.

(da “Cultiralatina.it”)




Un gioiellino raro questo Violeta Parra went to heaven del regista cileno Andrés Wood sulla grande artista cilena morta suicida nel 1967, e in uscita il 4 luglio nei cinema in Italia. L'abilità, o forse la fortuna, di Wood è stata quella di trovare una interprete eccezionale per il ruolo di protagonista. L'attrice Francisca Gavilàn è infatti una straordinaria Violeta, le somiglia moltissimo, suona e canta tutte le canzoni della colonna sonora. Il film, che si avvale anche dell'eccellente fotografia (in bianco e nero e a colori) di Miguel Ioan Littin (figlio di uno dei più noti registi cileni), utilizza come filo conduttore un'intervista che lei concesse alla tv argentina nel 1962. E ne ricostruisce la vita basandosi sulla biografia che di Violeta Parra scrisse il figlio Angel. Dai viaggi attraverso il Cile alla ricerca di vecchie canzoni della cultura popolare orale che altrimenti sarebbero andate perdute; ai lunghi soggiorni in Europa (Polonia e Francia) che la renderanno famosa con l'esposizione dei suoi dipinti e dei suoi arazzi al Museo del Louvre; fino al teatro-tenda che costruì ai piedi delle Ande, fuori Santiago, e che nei suoi progetti doveva diventare l'Università del Folklore.
Il film di Andrés Wood con Francisca Gavilan nel ruolo di Violeta Parra, cantante, poetessa e pittrice cilena scomparsa nel 1967 alla quale si deve un'importante opera di recupero e diffusione della tradizione popolare del Cile in chiave di denuncia e la protesta per le ingiustizie sociali. Il film, del quale Repubblica.it vi propone questa clip in anteprima, è tratto dal libro "Violeta Parra è andata in cielo" di Angel Parra, figlio dell'artista.
Musicista, cantante, cantautrice (è sua l'indimenticabile Gracias a la vida), poetessa, pittrice, scultrice, Violeta Parra è un'icona della cultura popolare sudamericana. Nel film il regista Andrés Wood si concentra soprattutto sul personaggio più privato. Gli amori, i mariti, i tre figli, le passioni, le illusioni e i drammi, fino all'amore per il flautista e ricercatore svizzero Gilbert Favre che la porterà al suicidio. Uno sguardo molto intimo, epico e struggente, che - ha sottolineato qualche critico - forse sorvola un po' troppo sul contesto. Dalle battaglie politiche della Violeta comunista, incompresa e combattuta in Cile; all'influenza decisiva, sulla sua formazione, di suo fratello Nicanor, a sua volta grande poeta e intellettuale; all'ultima stagione della sua vita, quando insieme alla fine della sua relazione con Favre, Violeta soffrirà del disinteresse del Cile di allora per la sua creatività e il suo genio.
Ma grazie alla recitazione di Francisca Gavilan il film di Wood riesce a disegnare una bellissima Violeta: volitiva, appassionata, tormentata. Il figlio Angel Parra ha raccontato di essere stato costretto più di una volta ad abbandonare il set delle riprese emozionato fino alle lacrime perché nel volto di Francisca vedeva rivivere sua madre. Ed è questo forse il complimento più bello per un film che ha voluto resuscitare un mito tanto universale quanto, a suo modo, ignoto. Uscito nel 2011, Violeta Parra went to heaven ha già ottenuto un grande successo di pubblico ed è stato candidato all'Oscar come miglior film straniero nel 2012. D'altra parte Andrés Wood non è, per la cinematografia latinoamericana, uno sconosciuto. È sua una delle opere più intense e apprezzate sugli anni di Allende e Pinochet: Machuca (girato nel 2004), che racconta con grande tenerezza la vita di due ragazzini in Cile alla vigilia del colpo di Stato del 1973.

(da “Repubblica.it”)

















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